La nave Aquarius sbarca a Valencia, finalmente al sicuro, dopo un’Odissea interminabile durata più di una settimana. 629 Ulisse alla ventura per il Mediterraneo, tra Malta, Sicilia e Spagna, spinti dalla sete vera e non da quella di conoscenza, come il loro illustre predecessore. Dopo chiusure su chiusure, mentali e di porti, italiane ed europee, ripercorriamo questi lunghissimi giorni di tensione internazionale.
Porte in faccia
Nella notte del 10 giugno, la nave Aquarius, della O.N.G. SOS Méditerranée, soccorre 629 persone (di cui 123 minori non accompagnati) . Alla nave, che batte bandiera di Gibilterra, viene vietato l’approdo ai porti italiani: è Malta il porto più sicuro, e dunque il ministro Salvini impone la chiusura dei porti italiani (pur essendo, un tale decreto, giurisdizione del Ministro delle Infrastrutture, Toninelli). La Valletta si svincola immediatamente dal fardello, sostenendo che il caso non sia di competenza maltese: dichiarazioni su dichiarazioni, prima su un quotidiano, poi dall’ambasciatore di Malta in Italia, dal premier stesso Joseph Muscat e dalla presidente della Repubblica di Malta, Marie Louise Coleiro Preca. E così l’Aquarius e i suoi passeggeri si fermano, simbolicamente a metà tra i due paesi, uniche vittime di un infantile braccio di ferro diplomatico. In tutto ciò, quei famigerati 629 restano prigionieri a bordo di una nave da soccorso, non da crociera.
Qualche porta aperta
Sindaci di tutta Italia rispondono alla chiusura del Governo: esponente illustre Luigi De Magistris, che apre il porto di Napoli ai poco contesi 629; poi Messina, Palermo, Reggio Calabria, persino la pentastellata Livorno, il cui Primo Cittadino è poi costretto a cancellare il “post di apertura” poco dopo averlo pubblicato. Tante manifestazioni, molto partecipate, un hashtag #apriamoiporti opposto al salviniano #chiudiamoiporti, in un’epoca in cui le battaglie politiche non sono nient’altro che discussioni social. Ma quella che sembrava dover essere una faccenda tra Italia e Malta, finisce per scatenare polemiche internazionali: diverse fonti francesi, anche istituzionali, criticano aspramente la nuova linea italiana; la Germania chiarisce il bisogno di un coordinamento europeo; la Spagna avverte su possibili ripercussioni penali. La crisi culmina quando viene persino messo in discussione l’incontro tra Conte e Macron, previsto per venerdì 15 giugno.
Il portone
Le tensioni europee, che raggiungono anche toni aspri se non violenti, vengono risolte come per magia dal neopremier iberico Pedro Sanchez, che apre il porto di Valencia alla nave Aquarius. Immediati i ringraziamenti quasi imbarazzati del presidente Conte, così come l’esultanza di Salvini (secondo cui “alzare la voce paga”). Un viaggio lungo 1400 km, supportato da due navi italiane (Dattilo e Orione), un ripiegamento verso la Sardegna per tentare di schermare il maltempo, invece che presidiare il Canale di Sicilia ed evitare nuove catastrofi umanitarie. È stato difficile, ma ce l’abbiamo fatta, ad evitare un omicidio di massa e per di più di stato.
E ora?
Il premier spagnolo ha però ribadito che i trattati internazionali sull’immigrazione restano validi, così come le regole sul diritto d’asilo. Cosa succederà quindi con i prossimi migranti? Sarà impedito alle navi senza bandiera italiana di attraccare in Sicilia? Come si comporterà il governo con l’Europa e con le possibili catastrofi umanitarie? Non ci resta che piangere, e aspettare.