Tutti conoscono i CCCP-Fedeli alla Linea, la band di punk filosovietico che infiammò l’Italia negli anni 80′ cantando del Patto di Varsavia e dell’Emilia paranoica, meno note sono passate alla storia invece le gesta della loro incarnazione successiva, i CSI. Andiamo dunque alla riscoperta di un gruppo che è stato letteralmente pioniere, almeno in Italia, della propria epoca, che ha una storia fatta di ascesa e declino curiosa e interessante, fatta di contaminazione e indipendenza musicale, che ha attraversato e raccontato gli anni 90′ e la fine del millennio diventandone una colonna sonora che merita di essere approfondita (e ascoltata) ancora oggi.
Il mondo si sgretola, rotola via, succede, è successo, si sgretola e via
E’ il 13 settembre 1990 quando nei negozi di dischi di tutta Italia esce il doppio vinile Epica Etica Etnica Pathos, l’ultima fatica di un gruppo che ha attraversato in cavalcata folle gli anni 80′ facendosi amare, odiare e assurgendo a vero e proprio fenomeno di culto in tempo reale, i CCCP-Fedeli alla Linea.
C’è un solo problema. Quando il disco esce, i CCCP si sono già sciolti.
E’ una sorta di loro testamento quest’ultimo magistrale lavoro, così distante e così atipico rispetto al ruvido punk a cui la band fondata da Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni aveva abituato il suo pubblico da quasi una decina d’anni.
I CCCP, banda provocatoria fin dal suo nome, lettura all’italiana della sigla in cirillico che indicava l’allora Unione Sovietica, al cui immaginario e alla cui estetica il gruppo si era sempre rifatto, unendo le marce e il rigore dell’Armata Rossa al misticismo islamico e fondendo tutto ciò alla violenza punk metallurgica della scena berlinese e al liscio emiliano.
Quello che ne esce è un bizzarro calderone di ingredienti il cui messaggio di fondo, più che propaganda al Partito Comunista nonostante la dedica a Palmiro Togliatti nel loro primo album, era una feroce critica all’occidentalismo modernista e all’edonismo consumista degli anni 80′.
Ma quando nel 1989 il Muro di Berlino viene abbattuto e il blocco mondiale tra NATO e URSS è ormai disgregato, che senso ha per un gruppo chiamato CCCP continuate ad esistere?
Un gruppo che si è per altro già preso tutte le soddisfazioni possibili, tra cui non ultima suonare in post sbronza a Leningrado e Mosca davanti a militare commossi per la cover punk dell’inno sovietico.
CCCP non esiste più, Epica Etica Etnica Pathos esce come un lascito postumo senza tour e senza ulteriori addii e la storia potrebbe finire lì. Appunto, potrebbe.
Lasciami qui, lasciami stare, lasciamo così, non dire una parola che non sia d’amore
La storia che segue inizia ufficialmente due anni dopo, ma il suo vero prologo sta proprio in questo ultimo atipico album e come tutto quello che seguirà è una storia di incontri e contaminazioni.
Nel 1989 infatti Ferretti e Zamboni entrano a contatto con i Litfiba con cui condividono alcuni palcoscenici tra cui il tour in Russia e trovano particolari affinità con alcuni di loro che , di lì a poco, decidono di lasciare la band di Pelù e Renzulli e di affiancare i punkettoni comunisti di Reggio Emilia nel loro ultimo disco.
Così per meno di un anno diventano “CCCP” Gianni Maroccolo al basso, Francesco Magnelli alle tastiere, Ringo De Palma alla batteria e un tecnico del suono amante del punk rock e dell’elettronica di nome Giorgio Canali che affianca Zamboni alle chitarre.
Il cambio di rotta con la nuova formazione è assolutamente palese.
Le canzoni del disco sono infatti un curioso e affascinante miscuglio delle più svariate influenze e suggestioni che vanno dalla tarantella al canto gregoriano, dal tango alla musica mediorientale fino al blues stile piano bar.
Ci sono brani rarefatti, mistici e intimisti e altri potenti e dal sapore di marcia trionfale, in una continua contaminazione di generi che lasciano una difficile categorizzazione del prodotto finale; il tutto senza contare i testi evocativi e poetici di Ferretti, che in più di un passaggio assomigliano a severi moniti e apocalittiche profezie sul mondo che verrà.
La libertà è una forma di disciplina
Viò che emerge dall’album è una band che si fa fatica a chiamare ancora CCCP- Fedeli alla linea, tanto suona distante dai loro brani più classici. E per quanto sulla copertina del disco il nome sia inconfutabilmente quello , quanto si ascolta è già il prodromo di ciò che nel giro di due anni si appresteranno a diventare.
Effettivamente in EEEP c’è già tutto quello che poi caratterizzerà la seconda incarnazione musicale di Ferretti e soci. Il gusto per la non schematizzazione in un genere preciso, un senso di ipnotica e mistica spiritualità nella composizione, atmosfere che possono variare da terse e oscure ad arieggiate e bucoliche, testi suggestivi e pregni di immagini poetiche capaci di lanciare messaggi “politici” senza ricorrere allo slogan o all’estetica militante alla CCCP.
Ma c’è un fattore ancora più importante da considerare e che pur sembrando secondario è di vitale importanza, ovvero il metodo compositivo del disco.
Per tre mesi infatti Ferretti, Zamboni e gli altri si trasferirono a Villa Pirondini, una casa colonica abbandonata risalente al 1700 sita nella campagna reggiana, allestirono una sala registrazioni nella cappelletta della villa e da aprile a giugno 1990 vissero come una sorta di nuova comune anni 60′, fondendo la creazione artistica con la vita di tutti i giorni, tra pranzi e cene conviviali, litigi, lavori problemi domestici (tra cui come racconterà Zamboni un’invasione di api) tutto finiva per diventare parte integrante dell’atmosfera compositiva e il confine tra musica e quotidiano era praticamente nullo.
Questa è la formula e la vera molla che due anni dopo convincerà Ferretti, su richiesta di Maroccolo, a ritornare sui palchi.
Finkela Barkava
Musica sì, ma solo a patto di incanalarla in un’atmosfera umana, intima, lontana da regole e logiche di mercato.
Così quando l’ex bassista dei Litfiba propone di portare in concerto – eccezionalmente una tantum – le canzoni dell’ultimo grande disco dei CCCP, si organizza un evento ad hoc che trova la sua sede più idonea al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e nel settembre 1992, con la stessa formazione di EEEP fatta esclusione per Ringo De Palma morto tragicamente di overdose appena finite le sessioni di registrazione, la band si presenta davanti ad un pubblico festante, portando in scaletta non solo i brani dell’album, ma anche classici riarrangiati dei CCCP.
Solo che quelli non sono più i CCCP, non esiste più CCCP, ora al posto dell’Unione Sovietica c’è la Comunità degli Stati Indipendenti. E, sigla per sigla, diventano i CSI. Consorzio Suonatori Indipendenti.
Il concerto, che verrà registrato in supporto disco col titolo Maciste Contro Tutti, non vede soltanto loro esibirsi quella sera di settembre, in apertura infatti ci sono altre due gruppi, gli Ustmamò con il loro folk dialettale, e i Disciplinatha, punk hardcore cupo e violento forti di un immaginario estetico che richiama il ventennio fascista, quasi una versione più scorretta e provocatoria dei CCCP.
Non sono due band scelte a caso.
Big Family Mulo House
Terminato EEEP infatti, Ferretti e Zamboni avevano avuto l’intuizione di costituire un’etichetta indipendente, battezzata I Dischi del Mulo, con cui poter produrre tutti quegli artisti indipendenti a loro vicini che non trovano sbocchi con le major. Ustmamò e Disciplinatha sono alcune di quelle band e tutto ciò rientra nel disegno progettuale accennato prima, l’idea di costituire una sorta di dinamica famiglia musicale che andasse a costituire una nuova scena alternativa nel panorama italiano, composta da persone legate da vincoli e affinità elettive ancora prima che da un’ottica di profitto.
Una famiglia fatta di contaminazione e indipendenza musicale da cui verranno fuori nomi come Yo Yo Mundi, Marlene Kuntz, Santa Sangre, Acid Folk Alleanza, Santo Niente, e che nel 1994 verrà formalizzata con la nascita ufficiale del CPI, la cui sigla riassume il manifesto programmatico di Ferretti e soci con efficacia, ovvero essere un Consorzio di Produttori Indipendenti.
Nel frattempo il concerto al Centro di Prato da evento singolo si trasforma in un mini tour, il mini tour sembra riaccendere in tutti i membri del gruppo il sacro fuoco della creazione artistica unita alla convivialità nello stare insieme e così tra agosto e settembre 1993 viene ripetuto l’esperimento fatto con EEEP.
Questa volta la sede prescelta è un maniero sulla costa bretone, un suggestivo e bucolico villino chiamato Le Prajou in quel di Finisterre.
Tu quietami i pensieri e il canto, in questa veglia pacificami il cuore
La formazione del gruppo si amplia con l’inserimento dei percussionisti Alessandro Gerbi, Pino Gulli e Alessandro Parente e prende parte ai lavori del disco anche Ginevra Di Marco, fidanzata di Magnelli, che di lì a poco si guadagnerà il ruolo di seconda voce ufficiale della band, creando con le sue corde pulite e vellutate un affascinante contrasto con il salmodio cupo e monocorde di Ferretti.
Squadra vincente conferma il risultato con quello che è il disco d’esordio della nuova band, in cui tutti gli elementi di EEEP vengono affinati e limati, immergendo l’ascoltatore in un turbine ipnotico di suggestioni e immagini evocative il cui perno è la narrazione di un mondo ormai giunto al suo capolinea.
Se i CCCP tifavano per il mistico e arcaico modello orientale contro il frivolo occidente,i CSI raccontano la fine di quest’ultimo, circondato da rovine di struggente incertezza che viene spezzata solo da qualche anelito di poesia emanata dalla natura.
Visto il luogo in cui è stato registrato il disco avrebbe potuto chiamarsi, con un sagace gioco di parole, Finisterre, ma sarebbe stato banale. Si opta così per una soluzione più provinciale ma meno scontata, sostituendo una C con una K ad un piccolo paesino emiliano con un nome parlante, Codemondo, Ko De Mondo.
Occorre essere attenti a scegliersi la parte dietro la Linea Gotica
Come i CCCP avevano attraversato gli anni 80′, i CSI e la loro scuderia di band sodali faranno con gli anni 90′, inaugurando di fatto una scena rock alternativa destinata a sopravvivere e rigenerarsi anche dopo di loro.
Il loro lascito non è una produzione sterminata, ma ogni volta che fanno qualcosa lasciano il segno. Tra le loro imprese a cavallo tra il 1994 e il 1996 ricordiamo
La creazione di una rivista cartacea/bollettino musicale, Il Maciste, a cui allegano lavori ufficiali della crew del Consorzio o edizioni speciali, il tutto a offerte e prezzi popolari;
L’organizzazione artistica di un festival musicale dedicato alla Resistenza Partigiana nel suo cinquantesimo anniversario, suonato e filmato nel comune a Correggio, e che vede alternarsi sul palco tutti gli affiliati al CPI e altri gruppi più o meno noti come i Modena City Ramblers e gli Africa Unite;
Il loro secondo album, Linea Gotica, omaggio a Beppe Fenoglio con la partecipazione di Franco Battiato, dedicato alla terrificante guerra dei balcani, di cui raccontano, quale simbolo della barbarie, il rogo della biblioteca di Sarajevo;
Due album dal vivo; In Quiete, registrato al programma Videomusic con settings in acustico (o almeno quasi tale) e La Terra, la Guerra, una Questione Privata, testimonianza di un concerto-evento tenuto in una chiesa sconsacrata di Alba e dedicato a Beppe Fenoglio, entrambi suonati in un trasognato e onirico stato di grazia, che rivelano l’alto potenziale del gruppo nella sua dimensione più congeniale e ideale.
Nel giro di pochi anni, i CSI sono già una band di culto. Poi nel 1997, la svolta.
Voglio ciò che mi spetta, lo voglio perché è mio e m’aspetta
In cerca di nuova linfa ispiratrice, Ferretti e Zamboni partono con una troupe documentaristica guidata da Davide Ferrario per la Mongolia.
Sui monti mongoli, tra i resti di antiche civiltà ancora immerse in un mondo arcaico e primitivo che resiste alla modernità, i due, Ferretti in particolare, sembrano ritrovare una nuova dimensione spirituale, a cui si affaccia anche la consapevolezza di aver parteggiato in gioventù per un modello, l’Unione Sovietica, che è stato il principale portatore di quel progresso demolitore, tanto detestato, in quelle terre incontaminate.
Riflessioni e contraddizioni che portano alla stesura del terzo album in studio del gruppo, Tabula Rasa Elettrificata, T.R.E.
E’ un disco molto diverso dai due precedenti. Molto più post-prodotto in studio, enfatizzato da suoni di plastica lontani dalle registrazioni intimiste di Ko De Mondo e Linea Gotica, con atmosfere molto più smaccatamente rock, riff di chitarra accattivanti, melodie ariose, ritmi orecchiabili , il tutto dedicato alla arcaica e misteriosa Mongolia.
Un disco indubbiamente interessante e potente fatto di evidenti contraddizioni, e che infatti porterà il gruppo verso contradditori lidi.
Monito terrorista che la retta è per chi ha fretta
Appena uscito, forte anche del singolo Forma e Sostanza, finisce primo in classifica, superando illustri colleghi stranieri come gli Oasis. E’ un successo certo, ma anche una profanazione, loro, i signori indiscussi della scena indipendente, al punto da averne fatto il loro marchio di fabbrica, che scavalcano le classifiche.
Il tour successivo, dal provocatorio titolo M’importa nà sega tour, attraversa trionfale il 1998 e fa strage di tutto esaurito e concerti doppi nei palazzetti, il pubblico si accalca e li acclama come dei semi-dei. Attorno a loro si crea un’aura mistica, alimentata soprattutto da Ferretti, frontman-guru che ricorda più un asceta che un cantante.
Si cerca di battere il ferro finché è caldo organizzando una mini serie di concerti a Mostar, in Bosnia, che però non riscuotono il successo sperato. E poi dopo il picco arriva, inevitabile, la crisi.
Così vanno le cose, così devono andare
Forse troppo inaspettato successo da parte di una band che pur avendo sempre mietuto forti consensi non si era mai affacciata davvero nel mondo del grande pubblico di massa, limitandosi ad essere un’istituzione nell’underground, forse troppo repentino il passaggio dal mondo indipendente al quello del mainstream.
Forse come loro stessi cantavano così vanno le cose e così devono andare e ciò che deve accadere accade, o forse quello che era andato a mancare era quel senso di famiglia collettiva che faceva musica principalmente per una esigenza interiore inderogabile lontana da schemi pianificati, quello stesso progetto che aveva animato il CPI e la composizione di EEEP e Ko De Mondo.
Ferretti e Zamboni provano a ricucire e partono per Berlino, la città che già diede i natali ai CCCP, ma anziché trovare nuova ispirazione trovano solo lo strappo definitivo.
Nessuno sa con precisione che cosa è accaduto tra i due in quella trasferta berlinese nel 1999, se non che, tornati con aerei separati, Zamboni esce definitivamente dai CSI.
Il gruppo sopravvive ancora un anno con sporadiche apparizioni, tra cui un concerto di capodanno con Goran Bregovic, poi nel giugno del 2001 un concerto a Montesole dedicato a Don Dossetti li fa cambiare ancora una volta nome e sigla, come era stato in quello di Prato nel 1992.
Muoiono i CSI, nascono i PGR, Per Grazia Ricevuta, ma le cose non saranno più come prima.
Un’irata sensazione di peggioramento di cui non so parlare né so fare domande
Il resto è storia relativamente recente, i PGR non riescono ad entrare nell’immaginario collettivo come CCCP e CSI, danno luce a tre album sempre più orientati su sonorità elettroniche e sperimentali, perdono membri del gruppo lungo la strada (Magnelli e la Di Marco fuoriescono nel 2004 per iniziare un loro progetto in coppia) e nel 2009 l’esperienza PGR viene definitivamente chiusa.
In mezzo c’è la (ri)conversione di Ferretti che abbraccia un cattolicesimo integralista e reazionario e lanciandosi in dichiarazioni sempre più controverse e divisorie. allontanando da sè gran parte del suo pubblico e
In sua difesa si può addurre che probabilmente molti non avevano ascoltato con con attenzione A tratti il brano che apriva Ko De Mondo e che recitava “Non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono mi incepperò”. Probabilmente la profezia si è realmente avverata.
Ferretti inizia una vera propria nuova vita dedita alla preghiera e all’allevamento dei cavalli nel suo paesino a Cerreto Alpi, intervallata solo da qualche sporadica incursione artistica tra la narrativa autobiografia e concerti in piccoli club con repertorio revival e l’ausilio degli ex Ustmamò Ezio Bonicelli e Luca Rossi.
Nel 2015 è invece Zamboni a prendere le redini del vecchio progetto, che senza nuove sigle ma con il semplice nome di Post CSI torna – una tantum- sul palchi in onore dell’anniversario della Resistenza, ma senza il suo ex cantante e fondatore.
I CSI, come i CCCP sono un’altra storia, che non può essere ripetuta.
Chi è stato è stato, chi è stato non è, chi c’è c’è e chi non c’è non c’è
E’ curioso notare come la loro dipartita coincida esattamente con l’arrivo del terzo millennio, con l’avanzare inesorabile di quel “mondo moderno distruttore” contro cui si erano sempre scagliati, e a cui probabilmente non sarebbero sopravvissuti.
Eppure nessuno meglio di loro è stato rappresentante di una contaminazione e indipendenza musicale in questo Paese
E’ difficile oggi pensare, almeno in Italia, ad una band in grado di nascere e svilupparsi con gli stessi loro presupposti.
Una band il cui fulcro è l’insondabile e indispensabile alchimia tra i suoi elementi, tanto distanti tra loro nelle influenze quanto forti proprio della capacità di contaminazione reciproca, capaci di diventare un fenomeno di culto scrivendo dischi tra le mura di vecchi casolari immersi nella campagna, di creare con un’etichetta per gruppi underground che dà vita ad una fucina di creatività e freschezza e getta i presupposti per la scena alternativa dei successivi dieci anni, e in tutto questo arrivare primi in classifica per un album concepito sui monti della Mongolia. Eppure è successo.
…è stato un tempo il mondo giovane e forte…
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