Dopo 13 estenuanti ore di braccio di ferro, il summit europeo approda finalmente ad un accordo, all’unanimità tra i 28 leader, anche sui migranti. Una bozza scritta a quattro mani da Macron e Conte si risolve in un accordo confuso, fumoso e largamente interpretabile. Molti soddisfatti, qualcuno scettico: quali saranno le novità nella gestione europea?
All’alba il portavoce europeo Donald Tusk comunica via Twitter la risoluzione del vertice in un accordo condiviso in 12 punti. Tra i principali troviamo: rafforzamento degli aiuti alle regioni nordafricane, con lo stanziamento di 500 milioni di euro nel Trust Fund per l’Africa; obbligo per le O.N.G. di rispettare le leggi internazionali e le indicazioni dei paesi; divisione dei migranti in centri controllati negli stati membri, su base volontaria; limitazione dei movimenti secondari, come espressamente richiesto dalla cancelliera tedesca Merkel.
I fondi
Lo stanziamento di ulteriori 500 milioni nel Trust Fund può deludere solo per l’ammontare relativamente esiguo: la teoria secondo la quale la cooperazione con il Nordafrica riduca gli sbarchi è condivisa da molti. A ciò si aggiunge un continuo aiuto alla Guardia Costiera libica, nel potenziamento della flotta e nelle operazioni di soccorso. Inoltre, si propone lo sblocco dei secondi 3 miliardi alla Turchia per la gestione dei migranti dal fronte est-europeo.
Le O.N.G.
Viene ribadita la linea generale per le O.N.G. di rispettare le leggi internazionali, le indicazioni dettate dai paesi e soprattutto di non impedire le operazioni di soccorso e di intervento della Guardia Costiera libica. Si è spesso assistito a salvataggi da parte di associazioni umanitarie in aree di competenza libica, o a contravvenzioni rispetto alle indicazioni dei paesi.
I movimenti secondari
Principale richiesta della cancelliera tedesca Merkel è stata la gestione, da parte di ogni paese al suo interno, dei movimenti secondari. Il Consiglio Europeo ravvisa una possibile crisi di Schengen nel caso in cui si sviluppino flussi migratori all’interno dell’Europa, dai paesi di sbarco verso altri paesi dell’Unione. Viene quindi messa in chiaro e per iscritto la necessità di una stretta collaborazione per limitare quanto più lo sviluppo di tali movimenti.
La gestione post-sbarco
E qui casca l’asino. Il vero problema, la vera questione, il nocciolo del vertice europeo. La gestione dei migranti soccorsi, già sbarcati, e la loro presunta divisione tra i paesi membri. Il documento propone l’istituzione di centri chiusi nei paesi europei (repetita iuvant, su base volontaria), nei quali distinguere tra migranti economici illegali, da rimpatriare, e migranti per i quali è applicabile il principio di solidarietà, e che vanno quindi accolti. Il documento asseconda le richieste di Visegrad (ricordiamo che la presidenza di Visegrad, per il biennio 2017-18, spetta all’Ungheria di Orbàn) di dividere i migranti solo su base volontaria dei paesi europei, e non con quote obbligatorie come logico, giusto e richiesto. Il nocciolo della questione viene quindi liquidato in pochi termini, con la speranza che altri presidenti, sulla scia di Sanchez, decidano di farsi carico del problema umanitario insieme ai paesi che affacciano sul Mediterraneo.
I commenti a caldo
Soddisfatto il premier Conte, che ingenuamente o coscientemente crede di aver portato finalmente la questione a livello europeo, senza accorgersi che in realtà l’accordo, così com’è, parla di tutto e non parla di niente. Dichiarazioni positive anche da parte del presidente polacco Morawiecki, che vede giustamente realizzate le volontà di Visegrad. Scettico Salvini, che intervistato da Massimo Giannini dichiara di non volersi fidare di un accordo scritto, ma di voler aspettare fatti. Poco convinta anche Angela Merkel, che continua ad esprimere preoccupazione sui movimenti secondari e nota correttamente le permanenti divisioni tra i paesi membri.
Che fine farà questo summit? Sfocerà in un fiasco clamoroso o si tradurrà in un concreto aiuto europeo, ai paesi coinvolti, nell’emergenza profughi? Alla prossima puntata.