Fino al 20 Gennaio 2019 al Teatro Arcobaleno (Centro Stabile del Classico) di Roma, la Compagnia Castalia presenta Rudens di T. M. Plauto, con l’adattamento e la regia di Vincenzo Zingaro.
La commedia plautina è interpretata da Ugo Cardinali, Piero Sarpa, Rocco Militano, Fabrizio Passerini, Annalena Lombardi, Laura De Angelis.
Musiche di Giovanni Zappalorto, Scene Lorenzo Zapelloni, Costumi Emiliana Di Rubbo, Disegno e Luci Giovanna Venzi.
“Rudens” è una delle commedie più affascinanti di Plauto, dotata di squisita freschezza e di atmosfere fiabesche, in virtù dell’inconsueta ambientazione marina in cui si svolge la vicenda, da cui Shakespeare prese spunto per la sua celebre opera La Tempesta.
Rudens è uno splendido esemplare in cui intravedere il passaggio dalla Commedia greca alla Commedia latina e a quella moderna, fino alla Commedia musicale, di cui Plauto può essere considerato il precursore.
Lo spettacolare e divertente allestimento di Vincenzo Zingaro, proprio in forma di Commedia musicale, restituisce tutti gli aspetti del teatro plautino, in un “gioco attoriale” che recupera il filo che dal mondo classico si dipana fino a noi, enfatizzando tutti gli aspetti fiabeschi e fantastici dell’opera: un’isola costruita nel teatro, barche a vela che attraversano la platea per attraccare a un moletto a ridosso della scogliera, l’imponente tempio di Venere, all’ombra del quale si staglia la casa del vecchio Mormora, il cangiare del cielo dopo la tempesta, creano una dimensione incantevole che proietta gli spettatori fuori dal tempo.
Rudens (La Gòmena) è una delle opere più affascinanti di Plauto, dotata di squisita freschezza e di atmosfere fiabesche, in virtù dell’inconsueta ambientazione marina in cui si svolge la vicenda. Basti pensare al prologo, in cui Giove, scatena una terribile tempesta, in seguito alla quale viene affondata la nave del fraudolento lenone.
Si presume che proprio da questa scena Shakespeare abbia preso spunto per l’elaborazione del suo celebre dramma La Tempesta. Appare subito evidente che ci troviamo di fronte ad un’opera estremamente interessante che, nel corso dei secoli, ha ispirato insigni autori: dall’Ariosto, nella Cassaria, al Ruzzante nella Piovana, al Della Porta ne La fantesca, e molti altri.
Dicevamo interessante, anche perché Plauto, in maniera davvero inusuale, sembra in questa commedia aver preferito mitigare gli eccessi puramente farseschi e licenziosi che contraddistinguono la sua creatività, a favore di un tono generale più intimista, più attento a certi aspetti etici, senza per questo nulla togliere al divertimento e alla godibilità dell’opera, che, anzi, si presenta così più ricca di elementi variegati. Per questa particolarità, si è pensato ad una maggiore aderenza al modello greco, in questo caso offerto da Difilo, celebre autore della Commedia Nuova, che offrì a Plauto anche il modello per la più scollacciata Casina.
L’opera costituisce uno splendido esemplare in cui intravedere il passaggio dalla Commedia nuova greca (la nèa) alla Commedia latina (la fabula palliata), offrendo l’occasione di assaporare gli echi di tutta la tradizione teatrale italica, fino ad abbracciare le più moderne forme di spettacolo, come la Commedia musicale, di cui Plauto può essere considerato il precursore. Infatti, la commedia plautina era composta da diverbia (parti recitate) e cantica (parti cantate) e nessuno come Plauto riuscì a fare di quest’uso variegato dell’espressione scenica un’arte così grande. In Rudens l’aspetto musicale è strettamente legato all’elemento fiabesco, che nel mio allestimento ho cercato di far rivivere fantasticamente: un’isola costruita nel teatro, barche a vela che attraversano la platea per attraccare a un moletto a ridosso della scogliera, l’imponente tempio di Venere, all’ombra del quale si staglia la casetta del vecchio Mormora, il cangiare di colori sul cielo dopo la tempesta notturna, sono tutti elementi che contribuiscono a rendere il sapore di una grande fiaba.
Una fiaba raccontata in forma di commedia musicale, attraverso un “gioco attoriale” che cerca di recuperare quel filo sottile che dal mondo classico si dipana fino ai nostri giorni, fondato su un’istanza di comunicazione accessibile a tutti, semplice nel suo rimando ad archetipi della rappresentazione della condizione umana. Per questo, anche all’interno di una storia così delicata, rispondente ai canoni della Commedia nuova greca, non ho potuto fare a meno di rintracciare elementi di fescennini e soprattutto di farsa atellana, tipici della tradizione italica, che costituirono la forza e il segreto del successo del nostro autore; elementi che nel ‘500 confluirono in quell’importantissimo fenomeno chiamato Commedia dell’Arte e successivamente nell’Avanspettacolo e nella cosiddetta Commedia all’Italiana del nostro cinema.
È infatti nella scoppiettante comicità delle sue caratterizzazioni e nella creazione di un “piano metateatrale”, all’interno del quale il pubblico viene coinvolto in un continuo gioco di interazione, che si palesa tutta la dirompente creatività di Plauto. I suoi personaggi sono personaggi del popolo, che egli sapeva rendere vivi attraverso l’uso di forti caratterizzazioni e di un linguaggio molto vicino a quello del quotidiano, ricorrendo a neologismi, a termini stranieri comicamente storpiati, a inflessioni dialettali, incastonando il tutto in una vera e propria “partitura metrica”. Partitura che ho cercato di ottenere attingendo allo straordinario patrimonio linguistico costituito dai nostri dialetti (senza nessun intento realistico di connotazione geografica), così ricco di colori e di sfumature sonore, più che mai adatte a dipingere il carattere popolare dei personaggi plautini, e a restituirne tutta la musicalità. Cito, ad esempio, la scena in cui mi sono divertito a “stilizzare” l’originale Coro dei pescatori (presenza del tutto inconsueta in una commedia plautina), in un simpatico e bizzarro “Coro sardo”. Ma ciò che colpisce di più in questa commedia è la centralità dell’aspetto etico, come non ce lo saremmo mai aspettati dal teatro di Plauto.
La sua rappresentazione del Rudens sulla scena romana, con tale ricchezza di motivi (al di là della strabordante vis comica), dall’avventuroso al sentimentale, dallo sdegno al sollievo, dallo sbigottimento alla speranza, sembra abbia voluto offrire agli spettatori un motivo di stupore e di riflessione, con il quale l’autore prende le distanze da un concetto esclusivo di effimera evasione. Il Plauto farsesco a cui siamo abituati appare in quest’opera mitigato a favore di istanze comunicative più delicate e profonde. Forse, forte oramai della sua fama consolidata (la commedia è datata intorno al 189 a. C.), il nostro autore si è sentito libero di uscire dagli schemi consueti per “incontrare” il suo pubblico su un piano diverso. Forse, passati gli anni della guerra punica e, dopo un decennio, passata l’euforia della vittoria, gli umori dei cittadini volgevano ormai in direzioni diverse: emergeva l’esigenza di una riforma del costume.
Possiamo quindi ipotizzare che l’estro del poeta abbia incontrato la particolare condizione dei tempi: da questo incontro nasce Rudens, un unicum nel teatro di Plauto, in cui il Sarsinate, nel colloquio finale fra il vecchio Demone e il servo Gripo, decide di lasciare agli spettatori un messaggio di delicata e profonda saggezza sul concetto di onestà e di rispetto, contro l’avidità, facendo di quest’opera una vera e propria favola senza tempo, adatta ad un pubblico di qualsiasi età.