“Servo per due”, è la rivisitazione in chiave moderna, di una delle più celebri commedie di Carlo Goldoni: “Il servitore di due padroni”, fu scritta dall’autore veneto nel 1745 secondo la migliore tradizione della Commedia dell’Arte che prevedeva una stesura dell’opera in forma di canovaccio per attori che, seguendo l’usanza del tempo, recitavano in larga parte improvvisando. Protagonista della scena è Truffaldino, servo di due padroni, che grazie alla sua scaltrezza ed alla sua tenacia, riesce a dipanare la matassa di equivoci e a porre rimedio a tutti i guai da lui stesso creati per perseguire i propri intenti.
Nel 1947, il regista Giorgio Strehler, decide di recuperare la figura di Truffaldino portando al debutto al Piccolo Teatro di Milano lo spettacolo “Arlecchino servitore di due padroni”. Il cambio del titolo in “Arlecchino”, viene operato dal regista in funzione della fortunata e longeva tournée internazionale che lo spettacolo di lì a poco avrebbe intrapreso, ritenendolo più idoneo ma soprattutto più atto per la sua notorietà, a richiamare un più copioso pubblico straniero, rispetto al titolo originario di Goldoni.
Arrivando ad oggi, lo spettacolo, a cui assisteremo al teatro Ambra Jovinelli, continua la rivisitazione dell’originale goldoniano: Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli curano la regia nonché la traduzione e l’adattamento insieme a Marit Nissen e Simonetta Solder, del testo del noto commediografo inglese Richard Bean, “One Man, Two Guvnors”, rappresentato con grande successo al National Theatre di Londra.
Un progetto ardito, quello di Favino e dei suoi collaboratori, uno spettacolo corale con un cast complessivo formato da ventuno attori che si muovono come acrobati, che giocano con i doppi sensi ed interagiscono con il pubblico; la musica è parte integrante dello spettacolo, eseguita dal vivo dall’orchestra Musica da Ripostiglio, che ne cura anche gli arrangiamenti, rievocando le più note canzoni dell’epoca.
Una Rimini degli anni ’30 fa da sfondo alle malefatte di Pippo, maschera moderna dell’immortale veneto Truffaldino, servo ingordo e pasticcione, affamato di cibo e di sesso. Schiavo degli istinti, la sua è una furbizia innocente, quasi priva di malizia, che lo fa diventare protagonista a scapito di tutto e tutti. L’ironia britannica di Richard Bean, nel riadattamento italiano, è volutamente sostituita dal “movimento”, da un linguaggio del corpo semplice, ma efficace, in cui ruzzoloni, fughe e corse diventano protagoniste; un gioco continuo di rocamboleschi equivoci e gag, che riempe la scena e trascina lo spettatore, cullato dalle musiche dei nostri nonni, in un’atmosfera di altri tempi.